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Week 16, dal sabato degli upset ai super scorer di Iowa

Tristan da Silva Colorado Arizona upset iowa
Autore: Redazione BasketballNcaa
Data: 28 Feb, 2022

Un sabato da record – se in negativo o in positivo, dipende anche da chi tifate – e gente a Iowa che segna canestri su canestri, sia al maschile che al femminile. Le pagelle della Week 16.

 

Il sabato degli upset. Uno, due, tre, quattro, cinque e sei. Tutte giù. Mai vista una roba come quella dell’ultimo sabato, letteralmente. Non era mai successo che le prime 6 squadre dell’AP Top 25 (ranking introdotto nel 1948) incappassero tutte quante in sconfitte nello stesso giorno. E mettendo nel conto anche la “L” di Texas Tech con TCU, è anche la prima volta che 7 delle prime 10 cadono tutte insieme. Non è scontato scegliere la più scioccante. Forse Michigan State che beffa Purdue col dagger di un panchinaro? Gonzaga che perde l’imbattibilità nella WCC con Saint Mary’s? Oppure ancora Arizona che si fa mettere le manette ai polsi da una squadra discreta ma non particolarmente temibile come Colorado? Sì, forse proprio quest’ultima. Ad ogni modo, l’unica cosa davvero sicura è che in questa stagione il divertimento e l’incertezza abbondano.

Caitlin Clark (Iowa). Stavolta ha soltanto sfiorato la tripla doppia: 29/8/8 con Indiana, 32/9/9 con Rutgers e infine 38/6/11 con Michigan in settimana. Numeri assolutamente folli e che pesano tanto: è grazie a lei che le Hawkeyes hanno allungato la propria striscia positiva e vinto ex-aequo con Ohio State il titolo di stagione regolare nella Big Ten. Particolarmente notevole – nonché decisiva – la prestazione di domenica contro le Wolverines, numero 6 della Top 25 asfaltate per 104-80 a suon di triple (8/11 di Clark e 8/18 dal resto di Iowa). Range di tiro e feel for the game completamente fuori scala per la favorita indiscussa al National Player of the Year nella D1 femminile.

Murray State. L’unica squadra rimasta imbattuta fino alla fine nelle gare di conference: 18-0 e tutti muti nella Ohio Valley. Belmont doveva essere la sola capace d’impensierirla: invece giovedì scorso ha beccato 33 punti di scarto segnandone solo 43, incredibile per una formazione che da anni si distingue per la qualità del suo attacco. E ricordiamo che, nella gara d’andata di metà gennaio, aveva subito un -22 in casa propria dai Racers. Dominio incontrastato per una squadra che, pur provenendo da una OVC tradizionalmente one-bid league, potrebbe (anzi, dovrebbe) ricevere un invito al Torneo Ncaa anche in caso di cattive sorprese nel proprio torneo di conference.

Ajay Mitchell (UC Santa Barbara). 30 e 31 punti a segno in settimana per due vittorie in trasferta, entrambe strappate all’OT. La matricola incanta e sorprende anche chi, come noi, lo teneva in buonissima considerazione già da prima di calcare i campi Ncaa. Arrivato dal Belgio con la nomea di talento puro, si era però segnalato soprattutto come floor general capace di gestire i pick and roll in modo eccelso, più che altro per innescare gli altri. Ora si sta rivelando anche scorer di razza che beffa le difese imponendo il proprio ritmo. È soprattutto grazie a lui se UCSB è ancora in corsa per il primo posto assoluto nella Big West, facendo a sportellate con Long Beach State (record 10-3 per entrambe). Buono per il Draft fra un anno o due, fidatevi.

Keegan Murray (Iowa). Contro Nebraska si è preso una giornata di relativo riposo (comunque da 15 punti e 11 rimbalzi), senza ripercussioni negative sul risultato, interrompendo una striscia personale alquanto notevole: quella di unico giocatore della Big Ten negli ultimi dieci anni capace d’infilare almeno sette ventelli consecutivi. No, scusate: unico insieme a Luka Garza, spettatore d’eccezione nell’86-60 rifilato a Michigan State con Murray a fare da mattatore per l’ennesima volta (28 punti con 10/15 al tiro e 6/7 ai liberi). Certo, va pure ricordato che il buon Garza era arrivato a 19 ventelli di seguito…

AJ Green (Northern Iowa). Sul titolo di stagione regolare nella Missouri Valley c’è la sua firma. I Panthers hanno vinto lo scontro diretto con Loyola Chicago (102-96) e vendicato la disfatta di due settimane prima (-27). Green ha chiuso con 32 punti (sesta gara consecutiva oltre i 20) ma soprattutto con una serie di giocate cruciali per tenere costantemente in ballo i suoi. Ogni volta che i Ramblers sembravano poter mettere le mani sulla partita, arrivava lui e li ricacciava indietro. Suo il canestro contestato che forza l’overtime, suoi 7 dei 15 punti di squadra all’OT: l’ennesima prova da leader arriva proprio alle porte di marzo.

Kerr Kriisa (Arizona). Sette canestri da tre punti in un tempo e tripla doppia – la prima di un Wildcat dal 2004 – proprio nel giorno in cui si celebra l’indipendenza della sua Estonia. E anche il compleanno della mamma. 21 punti, 10 rimbalzi e 10 assist per la funambolica point guard di Zona contro Utah, che appunto oltre alle triple ha anche dato via certi passaggi da leccarsi i baffi. Questo è il Kriisa che ci piace e che dovremmo vedere sempre più spesso in futuro (parliamo pur sempre di un sophomore che l’anno scorso aveva appena assaggiato il campo). Il weekend, poi, è stato certo meno felice, naufrago insieme ai compagni nella sorprendente débâcle con Colorado: 5 punti tirando male dal campo (1/6), 5 assist e tanta fatica in difesa.

Ben Vander Plas (Ohio). Anche lui ha messo a segno una tripla doppia in un frangente speciale e anche lui si è ritrovato con una delusione in mano nella seconda gara settimanale. 10 punti, 10 rimbalzi, 10 assist contro Central Michigan per il lungo, proprio sotto gli occhi dell’ex compagno Jason Preston, uno che appunto aveva registrato alcune triple doppie in maglia Bobcats. Contro Akron però le cose sono girate male per Ohio, che ha concesso troppi punti e incassato una sconfitta che rischia di consegnare a Toledo il titolo di regular season nella MAC. Mancano ancora due gare, comunque.

Chet Holmgren (Gonzaga). Ha disputato una serie di partite da fuoriclasse, ma se c’è un motivo per cui non è ancora sicuro possa essere lui la prima scelta assoluta del prossimo Draft è la mancanza di continuità ad alti livelli. Contro Saint Mary’s, in una gara anomala per gli Zags che non sono subito andati avanti nel punteggio, sono emerse alcune delle lacune di Holmgren. In primis il fatto che abbia sofferto l’estone Matthias Tass, solido giocatore con un grande corpaccione ma non un fenomeno da NBA.

Ohio State. Ci sono gli alibi, perché questa squadra non è mai riuscita (non solo quest’anno) a giocare con il roster completo. Problemi di rotazione, di stanchezza? Forse. Ma a distanza di tre giorni sono riusciti prima a battere Illinois in trasferta, compito tutt’altro che facile, imbrigliando Kofi Cockburn e poi a farsi rifilare 15 punti da Maryland sciogliendosi nel finale di partita. Nel primo caso sembravano una possibile mina vagante al Torneo, nel secondo una squadra da “fuori al primo turno”.

Paul Scruggs (Xavier). Doveva essere una delle punte di diamante di una Xavier ostica e combattiva. Certo la squadra non era costruita per raggiungere la Final Four, ma fino a due settimane fa sembrava una solida contender nella Big East. Poi sono iniziati i problemi, molti coincisi anche con prestazioni opache di Scruggs. Impreciso al tiro e sfuocato nelle scelte (il classico: “passo i tiri che dovrei prendere e poi per compensare attacco 1-vs-5 e mi schianto”). Adesso si fa dura per i Moschettieri, a meno di miracoli al torneo di conference.

Miami. Nelle ultime 5 gare tra Miami e Virginia Tech lo scarto complessivo è stato di 6 punti alla fine dei tempi regolamentari. Altri forse direbbero che la vittoria di 1 punto degli Hokies in casa di Miami è una sorta di karma, visto che nel precedente match di fine gennaio gli Hurricanes avevano vinto con un buzzer beater da metà campo. Di fatto, si tratta di uno scontro al vertice della ACC (sì, una ACC molto compassata), con Miami che giocava in casa e ha perso l’opportunità di blindare il quarto posto.

Oregon. Siamo un po’ cattivelli, ma i Ducks hanno sprecato un’occasione ghiottissima per assicurarsi un posto al Torneo. Giocavano in casa contro una squadra quotata come USC e se la sono giocata fino all’ultimo. Massimo vantaggio (3 punti) a 1:47 dal termine. Tripla del +2 di Quincy Guerrier a 20 secondi dalla fine e poi una difesa horror contro il miglior tiratore da tre dei Trojans, Drew Peterson, che è passato dietro un blocco senza show difensivo e ha potuto scoccare con tutta la tranquillità del mondo il tiro che condanna Oregon al purgatorio.

Dayton. Ci può stare perdere, per altro solo di due punti, quando ti manca un pezzo abbastanza importante nel frontcourt come Toumani Camara. Farlo però a fine febbraio contro una formazione modesta, pregiudicando così la corsa al primo posto nella conference, è difficile da perdonare, anche a una squadra tremendamente giovane come questa. Il 62-60 patito con La Salle (penultima nell’Atlantic 10 con record 3-13) lascia un po’ sbigottiti per la pochezza offensiva dimostrata da una squadra che era apparsa in crescita su quel fronte. Record 12-4 e due squadre da scavalcare adesso con due gare da giocare. L’ultima, proprio con Davidson prima in classifica (14-2).

Josh Pastner (Georgia Tech). Dopo due annate con 11 vittorie e l’approdo al Torneo (fuori al primo turno contro Loyola-Chicago), quest’anno gli Yellow Jackets hanno disputato una stagione da incubo. All’esordio è arrivata la sconfitta in casa contro Miami, ma quella dell’Ohio, e si doveva capire che non era un buon presagio. Adesso la aspettano le ultime due gare, contro Clemson e Boston College. Due vittorie permetterebbero un record di conference 6-14. Due sconfitte potrebbero invece essere l’anticamera dell’esonero.

Jerod Haase (Stanford). Cinque sconfitte nelle ultime sei gare. L’unica vittoria è arrivata con Oregon State, quindi conta il giusto. In settimana i Cardinal sono stati persino capaci di prendere schiaffi da Cal con un ignominioso bottino offensivo di 39 punti segnati. Coach Haase è lì da sei anni: non è mai andato né troppo bene, né troppo male (è pur sempre 15-13 in stagione). I secchioni californiani però magari aspirano a qualcosa di più di una serie di stagioni anonime concluse guardando la March Madness in tv: la panchina comincerà a scottare anche per lui?

Gli arbitri di UConn-Villanova. Non sono riusciti a rovinare completamente la partita, ma solo grazie all’intensità tremenda che ha contraddistinto questo big match. Loro però ci sono messi davvero d’impegno, prima rifilando a Dan Hurley il doppio tecnico più ridicolo dell’anno e poi, sul più bello, distribuendo un po’ di danno serio anche all’altra squadra, ossia decidendo che contro Collin Gillespie si può giocare a rugby senza che venga fischiato fallo. Palla contesa e RJ Cole ringrazia infilando il game winner per UConn. Mai più una schifezza del genere, per favore.

Oregon State. Non ci piace sparare sulla croce rossa, ma un disastro del genere non può che essere segnalato al posto più basso delle pagelle. I Beavers sono infatti i primi nell’era del Torneo Ncaa a 64 squadre a perdere almeno 24 partite nell’annata successiva al raggiungimento delle Elite Eight. C’è chi aveva fatto male in tal senso, ma neanche lontanamente così male (Louisville nel 1997-98 e Oklahoma nel 2016-17 si erano fermate entrambe a 20 sconfitte).

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