Da Great Osobor che trascina Utah State a una vittoria di alto profilo a Mick Cronin che scarica i suoi freshmen senza tanti complimenti: ecco le pagelle della Week 9.
Great Osobor (Utah State). Great di nome e di fatto. Prima ha piazzato 32 punti contro Air Force nella sua prima gara nella Mountain West e poi ha tirato fuori una prestazione praticamente perfetta nel big match con Colorado State: uomo ovunque, impattante nelle due metà campo, assoluto padrone dei tabelloni e mai scomposto dinanzi alle contromisure prese dai Rams nei suoi confronti. 20 punti e 14 rimbalzi mostrando un mix di muscoli, QI e tecnica in crescita costante, per una vittoria che potrebbe proiettare gli Aggies in Top 25.
Seton Hall. C’è un gioco di “trova l’intruso” in cima alla classifica della Big East. UConn, Villanova e St. John’s hanno record 3-1 così come un’altra squadra che nessuno si aspettava lì in cima: i sorprendenti Pirati del New Jersey che, già vittoriosi contro gli Huskies poco prima di Natale, in settimana hanno portato a casa gli scalpi di Providence e Marquette. Una squadra a immagine e somiglianza di coach Shaheen Holloway, come ammesso dal collega Shaka Smart che si è levato il cappello davanti alla tenacia difensiva di SHU.
Houston. È rimasta l’unica squadra imbattuta della stagione. Record 14-0 e vittoria a valanga (+34) sulla non irresistibile, va detto, West Virginia. Adesso arrivano due gare in trasferta contro Iowa State e TCU. In generale, adesso è iniziata la Big 12, e si capirà davvero di che pasta sono fatti i Cougars. Finora però Houston, forte della prima difesa della nazione, ha avuto il pregio di non scivolare nelle partite che non andavano perse.
Johni Broome (Auburn). Broome Broome, motore in quinta e Auburn, grazie al suo centro, spicca il volo. Fresca dell’ingresso in Top 25, i Tigers smantellano in trasferta Arkansas rifilandole un +32 sul finale e tanto del merito va al suo centrone tuttofare (14 punti e 8 rimbalzi, anche 24+12 con Penn a inizio settimana). Da riferimento per i lob di Aden Holloway a presidio sotto canestro, passando ora anche per assistman. L’ex Morehead State è sempre più una minaccia sotto i tabelloni.
Kentucky. Squadra piena di freshmen che gioca l’opener della SEC in trasferta e va sotto di 11 nel 1T: sembra tutto apparecchiato per una sconfitta educativa. Invece UK rincorre, lotta, soffre e poi trova il modo di svoltarla. La tripla di Aaron Bradshaw e il sangue freddo di Reed Sheppard (6/6 ai liberi negli ultimi 19″) completano la rimonta su Florida in un 2T atomico da 50 punti. La difesa dei Gators ha limitato a soli 6 assist una squadra fra le migliori nel condividere la palla, ma non è bastato. Questa Kentucky sembra avere qualcosa di speciale.
Andre Curbelo (Southern Miss). Unico nel suo genere, nel bene e nel male. Ma in questa settimana, solo nel bene. Prima ha piazzato una tripla doppia con Georgia State (13 punti, 10 rimbalzi, 11 assist pur spadellando alla grandissima) e poi ha sfiorato la doppia doppia (15 punti e 9 assist) nella prima sconfitta inflitta a James Madison in quest’annata. 10 su 36 al tiro in totale fra le due gare, ma questo è Curbelo, prendere o lasciare.
Texas Tech. Batte ad Austin i rivali di Texas grazie ad una super prova collettiva in difesa, dove ha silenziato il supporting cast e forzato tantissime palle perse. In attacco ci ha pensato Pop Isaac con 21 punti, di cui 6 nel finale per chiudere la partita. Ottimo l’inizio, ma occhio che sulla testa di Isaac pende un’indagine per abuso sessuale che potrebbe ribaltare la stagione dei Red Raiders.
Xaivian Lee (Princeton). L’anno scorso giocava poco, ma era chiaro che la stoffa ci fosse. Ora da sophomore guida una squadra che sta facendo un lavoro straordinario nel dare continuità ai traguardi tagliati nella scorsa stagione. Record 13-1 e l’ultima vittoria, quella su Harvard, ha visto il canadese dominare come non mai: 33 punti con 8/11 da due, 5/11 da tre, 2/2 ai liberi più 8 rimbalzi e 7 assist.
Kylan Boswell (Arizona). Naufragato con tutta la squadra in una brutta chiusura di 2023 (-18 con Stanford e 2/11 al tiro per lui), ha salutato l’anno nuovo facendo la propria parte nel pronto riscatto dei Wildcats (+47 con Colorado e +19 con Utah): 14 punti nella prima, 11 nella seconda e 10 assist in totale (a fronte di sole 2 perse), tra cui quello che potrebbe essere il migliore di tutto l’anno.
Stanford. Troppo bello, non poteva durare. Dopo il centello rifilato ad Arizona e la vittoria sul campo di UCLA, i Cardinal sono tornati sul pianeta Terra dopo il -14 subito contro USC. Difficile dire quanto possano mirare in alto, specie in una Pac-12 così strana e imprevedibile, ma, per esempio, se il freshman Kanaan Carlyle sarà più spesso quello visto con Zona e Bruins (28 e 17 punti) che non quello coi Trojans (6) allora c’è margine per sperare in qualche altro colpaccio.
Villanova. Justin Moore è assente da un mese e le cose onestamente potevano mettersi peggio di come non siano al momento. Le vittorie strappate con Creighton e Xavier, più quella d’ufficio con DePaul, hanno restituito ossigeno all’ambiente, ma la sconfitta senza appello patita in casa con St. John’s e quella vecchia volpe di Rick Pitino ridimensiona un po’ la capacità dei Cats di tirare avanti senza la propria stella. C’è di nuovo DePaul questa settimana, quindi niente allarmi, ma in quella successiva ci sono da affrontare Marquette e UConn.
Colorado. È una Pac 12 che riserva sorprese. Colorado finisce nel lato negativo delle pagelle per la violenta sculacciata rimediata da un’Arizona piuttosto arrabbiata (-47) e per la sconfitta di misura contro Arizona State. Certo, l’assenza di Cody Williams si fa sentire su entrambi i lati del campo e contro i Wildcats mancava anche Tristan Da Silva, ma il talento a disposizione di Tad Boyle è superiore rispetto a quest’ultime povere prestazioni. Attacco sbilanciato troppo su KJ Simpson e una difesa che gira a vuoto. Urge una risalita.
Clemson. Ahi ahi Clemson. Un inizio del 2024 da dimenticare per i Tigers che prima fanno risvegliare una malconcia Miami prendendo 92 punti sul muso e poi perdono alla distanza una lotta feroce contro North Carolina. Due sconfitte che ci possono stare nel corso della stagione, ma che mettono subito PJ Hall e compagni in una situazione di rincorsa in ACC. Se contro gli Hurricanes la difesa si è preso una nottata di pausa, contro i Tar Heels è stato l’attacco a mollare la presa negli ultimi cinque minuti segnando solamente due punti.
Florida Atlantic. Bella gatta da pelare per coach Dusty May. Dopo la grande partita contro Arizona, la squadra che sembrava di quelle addirittura da Final Four al Torneo ha registrato due L in tre partite, sconfitta da Florida Gulf Coast e da Charlotte, mostrando una fragilità che potrebbe costare caro. Principali indiziati di questo momento no sono due colonne portanti della squadra, la super guardia Alijah Martin, che sta sparando a salve, e il lungo Vladislav Goldin, che sta facendo fatica anche quando non ha problemi di falli.
Duquesne e VCU. Le due grandi delusioni della prima settimana di gare nell’Atlantic 10: sulla carta sono da piani alti nella conference, ma entrambe sono partite con un brutto 0-2. Duquesne almeno ha la scusante della doppia trasferta, ma VCU non ha nulla a cui aggrapparsi: squadra al completo da un paio di settimane, ma incapace di mettere su una difesa degna di questo nome e quindi proteggere il campo di casa con Bona e GW.
Michigan. Prima c’erano solo segnali di allarme, adesso è crisi conclamata. Quattro sconfitte consecutive, due delle quali in casa e una difesa che spesso si limita a prendere la targa degli avversari. Dug McDaniel continua a tenere ritmi altissimi ma un po’ senza costrutto e i giocatori, a parte Olivier Nkamhoua, alternano prestazioni decenti ad altre da dimenticare. E la Big Ten è solo all’inizio.
Malik Hall (Michigan State). Se Ann Arbor piange, East Lansing non ride. Certo gli Spartans stanno conducendo una stagione di tenore diverso, ma la sconfitta netta con Northwestern ha messo di nuovo a nudo le lacune di MSU. Fra queste, l’inaffidabilità di un veterano come Hall: migliore in campo con Indiana State e Penn State, ma poi fantasma a Evanston, facendo pure peggio di certe altre sue prestazioni di metà dicembre: 26 minuti in campo e una serie di zeri in tutte – TUTTE – le voci statistiche positive (più 2 palle perse, tanto per gradire).
Gli arbitri di Kansas-TCU. Una bella partita, combattuta, tra due belle squadre, rovinata dal protagonismo degli arbitri. I fischi dubbi capitano, peraltro a tutti i livelli, non solo al college, ma la chiamata finale di questo bel match non ha molto senso. Di fatto ha cambiato l’esito della partita facendo passare la vittoria da TCU a Kansas. Un antisportivo chiamato a palla ancora in gioco mentre gli Horned Frogs stavano andando a canestro per il +4. Invece niente +4. Flagrant (molto dubbio). Pareggio di Kansas e palla ai Jayhakws che hanno segnato il +2 a pochi secondi dalla fine. Una brutta pagina.
Mick Cronin (UCLA). Può capitare di fare fatica con una squadra infarcita di freshmen, per quanto talentuosi, visto che molti di questi non erano mai stati alle prese con un basket che non sia quello di marca FIBA. I Bruins però stanno colando a picco, con 7 sconfitte nelle ultime 8 gare. E il capitano della nave cosa fa? Butta in mare la ciurma e si tiene la scialuppa di salvataggio per sé. Dopo la sconfitta con Stanford, coach Cronin ha declinato ogni responsabilità e in sostanza chiamato i suoi giocatori stupidi. E dopo la L con Cal non si è nemmeno presentato in sala stampa. Un atteggiamento che non ha mancato di attirare critiche aspre nei suoi confronti.