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La La Land o Tre uomini e una gamba?

Autore: Andrea Brambilla
Data: 26 Lug, 2019

I fuochi d’artificio sono finiti. La free agency 2019 è stata così infuocata che a un certo punto sembrava non dovesse finire mai. Sembrava che dovesse esserci una sorpresa ogni giorno. Invece è finita. I colpi di scena però non sono mancati, così come alcune scelte che molti si aspettavano. Forse ora è possibile, in piena estate, tirare le somme e fare qualche ragionamento su questo mercato. E visto che il clima è vacanziero, lo facciamo prendendo qualche spunto dal cinema.

LA LA LAND (2016)

Film ambientato a Los Angeles, e ovviamente di L.A. si parla. Il mercato californiano è stato scoppiettante quanto le canzoni del musical di Damien Chazelle e i divi dell’NBA, come Emma Stone nel film, vanno verso la Città degli Angeli per inseguire il successo. A fare la parte della Stone, la stella del film, ci hanno pensato i Clippers, portando a casa la coppia da sogno Kawhi Leonard/Paul George e mettendo attorno un buon supporting cast capitanato dal ritrovato Patrick Beverley. In “La La Land” accanto alla Stone troviamo Ryan Gosling, jazzman di talento pronto a gettarsi a capofitto nel suo sogno di aprire un locale ma costretto dalle circostanze a reinventarsi per tirare avanti.

A vestire i panni di Gosling ci sono i Lakers: pronti a gettarsi a capofitto nel sogno di un team con tre stelle (capitanate da LeBron James), costretti a reinventarsi in un team a due stelle e mezzo (DeMarcus Cousins al momento è ancora a mezzo servizio, visti gli apporti dell’ultima stagione) con un backcourt forse più intrigante di quello dei Clippers, con un emergente Kyle Kuzma e veterani esperti come Avery Bradley, Rajon Rondo (che con Davis e Cousins forma il trio già visto a New Orleans e dà vita ai Los Angeles Pelicans) e Danny Green. Il successo per la Stone è arrivato con l’Oscar. Riusciranno Anthony Davis per i Lakers e il duo delle meraviglie Kawhi/George per i Clippers a portare l’Oscar ai rispettivi team? Lo scopriremo solo da ottobre: quello che è certo è che, con cinque stelle, Los Angeles è tornata ad essere la City of Stars della NBA.

LA STRANA COPPIA (1968)

Walter Matthau e Jack Lemmon nel film. James Harden e Russell Westbrook agli Houston Rockets. I due amici, legati da molti anni, del film vengono da due separazioni dalle rispettive mogli. I due amici, legati da molti anni, dei Rockets vengono da due separazioni dai rispettivi bracci destri (Chris Paul e Paul George). Due mostri da triple doppie che Daryl Morey, con la leadership di Tyson Chandler dalla panchina, spera di combinare assieme per far loro vincere il primo titolo della carriera, il primo per Houston dai tempi di Olajuwon. E ora che Golden State sembra essere meno forte di prima, l’azzardo Finals è possibile.

VIALE DEL TRAMONTO (1950)

Il mercato NBA 2019 ha coinvolto ben 38 All Star. Tre di essi (Tony Parker, Dwyane Wade e Dirk Nowitzki) hanno annunciato il ritiro. Cinque (Andre Iguodala, Kyle Korver, Paul George, Russell Westbrook e Chris Paul) sono stati coinvolti in trade. Di questi, solo George ha ancora margini di miglioramento, gli altri sono già al giro di boa della carriera o lo hanno passato da un pezzo, pur dando apporti considerevoli ai loro precedenti team. Undici giocatori sono invece sono senza squadra e sono ormai in fase pienamente calante (vedi Pau Gasol). Ma se, tra i pienamente calanti, Devin Harris (All Star nel 2009 in maglia Nets) può sempre essere un buon veterano di rinforzo dalla panchina, Vince Carter può fare da rinforzo e da chioccia per le nuove leve e Dwight Howard ha dichiarato di volere un’altra chance perché, stando alle sue parole, non ha più un ego e vuole vincere, per altri sembra che, davvero, il viale del tramonto sia quasi arrivato a notte. Melo, ci sei? Parliamo ovviamente anche di te.

TRE UOMINI E UNA GAMBA (1997)

Steph Curry, cinico e preciso. Come Giovanni. Draymond Green, urlatore e teatrale. Come Aldo. D’Angelo Russell, artistico (sicuramente nel look) e espressivo, tanto sul campo con il suo versatile gioco quanto nella vita, con il premio di Most Improved Player per poco non messo in bacheca (lo ha vinto Pascal Siakam dei Raptors). Come Giacomo. E poi c’è la gamba, che è quella di Klay Thompson, che almeno fino a febbraio lo terrà fuori dai giochi in una Golden State che non riparte da zero, ma che certamente non è la superfavorita fin da subito per vincere il titolo. Warriors che perdono Durant, Iguodala e Shaun Livingston come vecchio scheletro dei due titoli vinti nel 2017 e nel 2018, oltre ai non rimpianti DeMarcus Cousins e Jonas Jerebko e un Jordan Bell che, nonostante abbia vinto anche lui a Oakland, nell’ultimo anno non è stato certo indimenticabile. Arrivano scelte dal Draft, Willie Cauley-Stein e Glenn Robinson. Non certo gli acquisti della vita, ma prima di dare gli Warriors per semplici comparse ai playoff prendiamo una cadrega e mettiamoci comodi ad aspettare la prima palla a due a San Francisco.

OGNI MALEDETTA DOMENICA (1999)

La grinta di Al Pacino è ben espressa da Jimmy Butler, mentre la dispotica Cameron Diaz nella realtà cambia sesso e assume le fattezze di Pat Riley. Il giovane emergente che nel film era Jamie Foxx diventa un giovane rincalzo di nome Tyler Herro, coadiuvato da Myers Leonard. Mercato bellissimo quello degli Heat, che aveva lo scopo di alleggerire il cap (e in questo la cessione di Hassan Whiteside ha aiutato) e portare a casa un All Star. Se non fosse stato che Russell Westbrook è andato a Houston e che le trattative per arrivare a Chris Paul si sono arenate, ora parleremmo anche di due All Star. Ma al momento Goran Dragic e la sua etica del lavoro andranno bene. Poi si vedrà a febbraio.

JURASSIC WORLD – IL REGNO DISTRUTTO (2018)

Titolo azzeccatissimo per descrivere i Toronto Raptors freschi campioni NBA. Kawhi Leonard se ne è andato, e con lui Danny Green. Rimane il resto del team, rimpiazzato in alcuni spot. Ma OG Anunoby, di ritorno dall’infortunio, non sembra ancora pronto a tenere le redini della squadra e non bastano certo Rondae Hollis-Jefferson e Stanley Johnson a sopperire agli addii degli ex Spurs. Masai Ujiri non ha rimpianti, e con lui l’intera organizzazione dei Raptors, verso Green e Leonard. Il titolo lo hanno vinto e ognuno può prendere la sua strada. Ma con Ibaka, Gasol e Lowry in scadenza, per far evolvere i Raptors e non farli fossilizzare nell’anonimato, la meteora della deadline deve cadere sul Canada.

STAR WARS – UNA NUOVA SPERANZA (1977)

La nuova speranza nella galassia NBA si chiama New Orleans Pelicans, guidata dal maestro Jedi David Griffin, che alla stregua del saggio Obi Wan Kenobi ha reso un team condannato dall’addio di Anthony Davis in una delle squadre potenzialmente più calde del prossimo campionato. Luke Skywalker è Zion Williamson, supportato dai nuovi arrivi dei Lakers, Brandon Ingram (ancora in fase di recupero), Lonzo Ball (già entusiasta di iniziare la sua nuova avventura) e Josh Hart (le sue emoticon su Twitter sono state molto esplicite della sua opinione sulla trade). Han Solo, cecchino a bordo del Millennium Falcon, ha il pedigree e le percentuali da tre di JJ Redick; Chewbecca e la sua forza bruta sono incarnate in Derrick Favors e Jaxson Hayes sottocanestro, con Favors che ha voluto espressamente essere ceduto a questa New Orleans che si prospetta essere spaziale. Che la forza sia con loro.

LA GRANDE SCOMMESSA (2016)

Gli Atlanta Hawks, i Dallas Mavericks e i Sacramento Kings hanno decisamente scommesso sulla solidità del loro roster alla luce delle belle prestazioni dei loro rookie delle meraviglie. La scommessa più grande è quella della Georgia, che a Trae Young e John Collins ha aggiunto Evan Turner (eroe dei due mondi nei playoff dei Blazers), Allen Crabbe e soprattutto Jabari Parker, sperando che gli infortuni smettano di martoriarlo e valga la seconda scelta spesa qualche anno fa da Milwaukee. I Mavericks scommettono forte su Porzingis e sul duo europeo formato da lui e Doncic, rafforzando il team con Delon Wright, il ritorno di Seth Curry in Texas dopo le buone annate del 2017 e 2018, e un buon cast di veterani per cercare di lanciarsi verso il limite della zona playoff. Chi vuole scommettere per tornare ai playoff, invece, sono i Sacramento Kings di Vlade Divac: hanno rinnovato Harrison Barnes, firmato Trevor Ariza e Dewayne Dedmon per affiancare veterani di profilo a Buddy Hield e a De’Aaron Fox. Il gioco varrà la candela, per questi tre team (tanti quanti i protagonisti del film Steve Carrell – Christian Bale – Brad Pitt)?

GANGS OF NEW YORK (2002)

I Nativi del film, il gruppo originale che si è stabilito a New York, sono i Knicks. I Conigli morti, i nuovi arrivati, sono i Brooklyn Nets. Come i Nativi di Daniel Day Lewis non tollerano la presenza dei Conigli Morti di Leonardo Di Caprio, anche i Knicks di James Dolan mal sopportano la presenza dei vicini Nets. Nel film, i Nativi umiliano e torturano i Conigli Morti, mettendoli alle corde e nella condizione di non farsi più valere. E così, nei primi anni del loro insediamento i Nets hanno subito le angherie dei Knicks di Melo, Stoudemire e JR Smith, mentre loro sprofondavano dall’anonimato all’oblio cestistico per le pessime scelte di Mikahil Prokhorov (la trade di Boston grida ancora vendetta). Poi è arrivato Sean Marks, che per i Nets sembra essere come Di Caprio per i Conigli morti: l’uomo del destino. Marks ha messo in piedi scelte accurate, mentre Bill il Macellaio / Dolan non ha fatto nulla per rafforzare il suo potere. Nella battaglia finale del film i Conigli morti vincono e battono i Nativi, assicurandosi il predominio su New York.

La battaglia della NBA per fortuna non è stata cruenta e non ha visto spargimenti di sangue, ma ha la forma del mercato 2019. L’obiettivo rimane sempre quello: il predominio sulla Grande Mela. E i Nets, da bravi Conigli Morti, hanno battuto i Knicks e rubato loro sia il duo Durant / Irving (che vedremo all’opera dal 2020-2021) sia DeAndre Jordan, blu arancio nella seconda metà della passata stagione. Il controllo della città è definitivamente passato a Brooklyn, e nel 2021 potremmo anche parlare di una possibile candidata alle Finals. Per i Knicks è il disastro: non gli resta in mano niente se non giocatori di seconda fascia come Reggie Bullock, Marcus Morris, Julius Randle e Taj Gibson. Si salva solo la scelta di RJ Barett. Ma il duo dei sogni è sparito, e così pure Anthony Davis e DeMarcus Cousins. I Nativi sono stati sconfitti anche nelle stanze dei GM.

BROOKLYN (2015)

No, non parliamo dei Nets. Brooklyn è la storia di una irlandese (Saoirse Ronan) che va al di là del mare, scopre l’America e insedia lì la sua famiglia. È quindi la storia di Nicolò Melli e di altri cinque giocatori che hanno lasciato i campionati dalla nostra sponda d’Atlantico per cercare fortuna nel Nuovo Mondo NBA. Di questi atleti, quattro sono europei (e spicca, in questa storia di emigrazione, la bellissima favola di Thanasis Antetokoumpo) e si aggiungono a Ivica Zubac, Bojan Bogdanovic e Ricky Rubio (chiamato al difficile ruolo di playmaker leader dei derelitti Suns), assieme al ritrovato Porzingis, per tenere alta, assieme ai vari Doncic e Gasol, la bandiera dell’Eurobasket anche oltreoceano. È anche la storia di Danilo Gallinari, a caccia di buone prestazioni in quello che sarà il suo contract year e che potrebbe non vederlo più in maglia Thunder a partire da febbraio. È la storia di Mario Hezonja, ragazzino di belle speranze che in NBA non si è mai espresso e che a Portland trova forse la sua ultima occasione nella Lega. Ma è anche la storia dei giocatori di ogni nazionalità che lasciano la NBA: perché non si erano mostrati all’altezza del livello NBA (Yabusele, Bender e Baldwin) e perché hanno provato il salto NBA dopo il grande successo in Europa senza sfondare (Casspi, Teodosic e Udoh). Infine, c’è Nikola Mirotic: poteva firmare un contratto da 50 milioni di dollari, è stato una pedina importante nei playoff tanto per i Pelicans quanto per i Bucks grazie al suo tiro da tre punti, ma il richiamo di casa è stato troppo forte. Mirotic a sorpresa è tornato in Spagna prima ancora che aprisse il mercato il 30 giugno, ma non al Real che lo ha cresciuto: ha firmato un contratto pluriennale con i blaugrana del Barcellona. Forse, Gara 6 contro i Raptors è stata l’ultima in cui Mirotic ha indossato una canotta NBA.

10 + 1. DUE FRATELLI (2005)

La bella favola ecologica di Jean Jacques Annaud parla di due fratelli tigrotti crescere nella giungla cambogiana degli Anni Venti, separati da piccoli e tornati assieme per affrontare il mondo. Il maggiore, Kumal, è il più mite; il più piccolo, Sangha, è il più forte e grintoso. Nella NBA, è la storia di due fratelli nigeriani emigrati in Grecia, dei quali il più piccolo (più forte e determinato) è stato chiamato con la scelta numero 15 dai Milwaukee Bucks e il fratello maggiore (meno talentuoso) ha girato un po’ l’Europa. Ora, Giannis e Thanasis tornano a giocare assieme: i Bucks hanno firmato il fratello maggiore dell’MVP con un biennale in una reunion che ha il sapore di una favola e dello spot di una bevanda greca. E dopo avere rinnovato Brook Lopez, George Hill e Khris Middleton (perdendo però per strada Malcom Brogdon e Nikola Mirotic) è arrivato anche un altro fratello. Si tratta di Robin, il gemello di Brook. Giocatore duro, sporco, rimbalzista e attaccante del ferro, il gemello più capelluto farà comodo ai Bucks a caccia delle Finali NBA. Un traguardo non impossibile da raggiungere per un team che si presenta ai nastri di partenza come veloce, feroce e forte. Proprio come le tigri del film di Annaud. I Philadelphia 76ers orfani di Jimmy Butler e JJ Redick sono avvisati.

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