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Killian Hayes, dalla Francia al Draft

hayes
Autore: Stefano Fontana
Data: 27 Apr, 2020

Difficile che qualcuno oggi si ricordi con precisione le imprese di DeRon Hayes. Cestista modesto, americano con una carriera da nomade in Europa, rischia di trovare una fama decisamente superiore nel ruolo di padre d’arte di Killian. Nato nell’estate 2001 a Lakeland, Florida, Killian Hayes si trasferisce in Francia, dove DeRon gioca la stagione 2001/2002 e le successive dieci.

La passione per la palla a spicchi è ereditata molto presto e altrettanto in fretta è chiaro a tutti che il talento del figlio è decisamente di altra caratura rispetto a quello del padre. A 14 anni vola a Parigi, reclutato dal CFBB, centro federale transalpino che ha formato i più grandi cestisti francesi degli ultimi vent’anni.

La scorsa estate, dunque, il nome di Hayes era già presente sui taccuini degli scout NBA, dopo due stagioni brillanti con lo Cholet in LNB. Nel primo dei nostri Super Mock Draft occupava la quindicesima posizione, ma grazie all’ottima stagione con la Ratiopharm Ulm ha scalato il ranking, attestandosi come una delle migliori guardie.

La caratteristica più evidente, soprattutto in confronto agli altri international papabili al primo giro, è la grandissima facilità di realizzazione. Guardia dalle misure notevoli (sfiora i due metri), con la palla in mano riesce ad aprirsi spazi praticamente a suo piacimento. Lo step back, in un certo senso emblema della new wave del basket mondiale, è solido e rappresenta la sua soluzione preferita. Tuttavia il movimento lento e un po’ macchinoso gli proibisce di brillare nel tiro da tre punti: realizza meno del 30% delle sue 3.1 triple a partita.

 

La selezione di tiro di Hayes è un po’ vecchia maniera, con un tiro dalla media distanza insolitamente redditizio e una chiusura al ferro che sfrutta prettamente la mano sinistra. Difatti, nonostante il deficit nelle conclusioni dall’arco, nelle 33 presenze stagionali è riuscito comunque a far registrare un ottimo 58.5% di true shooting percentage, figlio anche del brillante rendimento (88%) in lunetta.

In situazioni di pick and roll, Killian Hayes può mettere in mostra le parti più decisive del suo repertorio. Un primo passo molto rapido gli permette di prendere vantaggio in penetrazione, dove è in grado di ingannare il difensore con lo step back o trovare un compagno libero, riuscendo a servirlo quasi in ogni zona della metà campo offensiva. La visione e la tecnica di passaggio sono invidiabili, e il rendimento nelle situazioni ad alto rischio è buono. Tuttavia, spesso è proprio l’eccessiva confidenza nei propri mezzi a tradirlo, spingendolo a cercare traiettorie coraggiose che, se intercettate, espongono la sua squadra ad un contropiede facile.

Oltre al rapporto tra assist e palle perse, un altro aspetto del suo gioco che potrebbe migliorare sè la gestione del ritmo. Nonostante sia dotato di una grande accelerazione sui primi passi, Hayes la utilizza raramente, e sembra sempre ciondolare in attesa di trovare la soluzione corretta. Non sfigura in campo aperto, ma la sua situazione preferita è quella in cui può attaccare a difesa schierata. I test oltreoceano forniranno risposte importanti: sarà necessario per lui mettere diversi chili di massa muscolare e imparare a gestire meglio i contatti, oltre che velocizzare una meccanica di tiro che rischia di diventare troppo sterile in un ambito in cui ritmo e fisicità sono spesso portati all’estremo.

Dal punto di vista difensivo, Hayes è un buon talento su cui lavorare. Grazie alla sua statura può reggere la maggior parte dei mismatch, muovendosi con buona intensità e mani veloci. Anche qui, però, l’esperienza in un campionato di livello assoluto potrà cambiare le carte in tavola, magari rendendolo più lucido nella gestione dei falli: 3 fischi contro di media in meno di 25 minuti sono il primo segnale di un potenziale problema.

Giudicare Killian Hayes a quest’età, comunque, rimane impresa difficile. Guardando i suoi highlights, lo spazio e il tempo sembrano deformarsi a suo piacimento proprio un attimo prima che lui metta in campo la giocata decisiva dell’azione. Ci sarà da capire quanto di questo “effetto Hayes” sia dipendente dalla sua abilità, e quanto invece una gentile concessione dei modesti avversari.

Che il Draft avvenga a giugno come da calendario, o ad agosto come previsto da diversi esperti, la sensazione è che Hayes atterrerà tra la quinta e la settima scelta, dove a meno di sorprese – comunque sempre dietro l’angolo – dovrebbe trovare Detroit, New York o Chicago.

Per diversi motivi ogni piazza potrebbe risultare difficile da affrontare: se i Pistons sembrano aver smarrito la propria identità tra contratti discutibili e rebuilding falliti, la tifoseria dei Knicks è famosa per il trattamento molto poco amorevole riservato a praticamente tutti i rookie. Affermarsi a New York potrebbe essere la prima parte di una storia da ricordare, ma allo stesso modo le pareti del Madison Square Garden rischiano di diventare in breve tempo una minuscola cella da claustrofobia. I Bulls, infine, potrebbero aggiungere l’ennesimo talento alla propria batteria di giovani, che per un motivo o per un altro stanno però faticando parecchio a prendere in mano la squadra.

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