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Denver Nuggets: troppo in alto, troppo in fretta

Nikola Jokic e Karl Malone ai Nuggets
Autore: Nicola Garzarella
Data: 13 Feb, 2019

I Denver Nuggets sono una delle squadre più interessanti del panorama NBA. Il team del Colorado ha un record di 38 vinte e 18 perse ed è tra le prime sfidanti dei Golden State Warriors, si gioca il secondo posto nella Western Conference con gli Oklahoma City Thunder e ha un buon vantaggio sul carnaio di inseguitori. La squadra di coach Mike Malone raccoglie i frutti di un lavoro certosino e metodico che li ha resi una squadra temibile e con tanto potenziale inespresso.

Le scelte di Tim Connelly

Gli attuali Denver Nuggets hanno preso vita, perlomeno in fase embrionale, la notte del 26 Giugno 2014 al Barclays Center di Brooklyn. In quel Draft scelgono due prospetti come Gary Harris e Jusuf Nurkic, rispettivamente diciannovesima e sedicesima chiamata assoluta. Al secondo giro la dirigenza punta su un giovane serbo di belle speranze, destinato a rimanere in Europa ancora un’anno: Nikola Jokic.

Dopo un’annata sottotono chiusa con un mesto 30-52 Tim Connelly decide di cambiare rotta e affida la panca a Mike Malone, ex Sacramento Kings. Il nuovo coach venne accolto tra lo scetticismo generale, ma l’accordo è per un quadriennale. Dopo una stagione in cui l’unica notizia positiva è l’esplosione di Nikola Jokic e la conferma di Gary Harris, i Nuggets decidono di cambiare rotta.

Dalla stagione 2016/17 Connelly e Malone iniziano a costruire la Denver oggi seconda nella Western Conference, e per farlo è necessario scegliere tra Nurkic e Jokic. Il bosniaco approda a Portland durante il mercato invernale in cambio di Mason Plumlee e una scelta al primo giro del Draft 2017.

L’importanza di Jokic e l’evoluzione di Murray

 

La scelta di puntare su Jokic si rivelò più azzeccata che mai, malgrado le diffidenze iniziali. Il serbo infatti, pur avendo impressionato tutti nel suo anno da rookie, è in crescita costante e migliora a vista d’occhio in tutte le aree del gioco. Le sue medie (20.2 ppg, 32% da tre, 10.3 rpg e 7.6 apg) non riescono a spiegare l’impatto che ha sui compagni e la voglia di giocare divertendosi che trasmette.

Ma se Denver è così intrigante ora e in ottica futura non è solo merito suo. È sempre il gruppo a fare la differenza, seppur con qualche piccola eccezione. Una è Jamal Murray, settima chiamata al Draft 2016 e sempre più a suo agio nel ruolo di secondo violino. L’ex Kentucky University è molto di più di una semplice guardia con spiccate doti offensive, l’etichetta che gli era stata affibbiata dagli scout.

 

Dopo due annate interlocutorie, il #27 sta sciorinando tutto il suo potenziale, non solo come scorer ma anche come playmaker. Non è raro infatti vederlo dividersi i possessi con Jokic e il loro dialogo cestistico è una delle migliori armi nell’arsenale di Malone. Murray registra 18.5 ppg, tira con il 37% da tre su 5.3 tentativi e aggiunge 4.4 rpg e 4.4 apg, numeri in costante crescita rispetto alle due annate precedenti. La sua abilità di infilare punti da qualunque posizione, unita a doti di passatore in continuo miglioramento, lo rendono un pericolo costante per le difese e una gioia per gli occhi dei tifosi Nuggets e non solo.

L’esplosione di Morris e Beasley e la scoperta di Craig

Ma oltre a Murray c’è di più. Ogni partita può avere un protagonista diverso oltre ai soliti noti. Non è affatto inusuale trovare tra gli MVP della partita giocatori come Trey Lyles o Plumlee oppure, infortuni permettendo, Will Barton e Gary Harris. Coach Malone è stato fondamentale nel creare un contesto in cui ogni giocatore può rendere al meglio e proprio in quest’ottica si inquadrano le sorprese Monte Morris, Malik Beasley e Torrey Craig.

Il primo è un playmaker chiamato con la cinquantunesima scelta assoluta nel Draft 2017. Quest’anno ha trovato continuità e minuti, dopo una stagione passata tra G-League e spezzoni di NBA. Gli infortuni di Barton ed Harris lo hanno favorito, consentendogli di imporsi come leader della second-unit. E quando Murray è stato costretto ai box, Malone non ha esitato a farlo partire da titolare – con risultati eccellenti. Morris si sta dimostrando un playmaker affidabile (uno dei migliori della lega nel rapporto assist/palle perse) oltre che atleta abile nell’attaccare il ferro e nel tirare con buone percentuali (43% con 2.8 tentativi a partita) dal perimetro. Non esageriamo nel dire che è uno dei migliori back-up nel ruolo di guardia, e meriterebbe più considerazione per il premio di Miglior Sesto Uomo.

Se Morris rappresenta una piacevole scoperta, Malik Beasley è una grande vittoria della dirigenza. Etichettato da subito come “progetto a lungo termine”, dopo tanta gavetta l’ex Florida State Seminoles sembra pronto per ritagliarsi un ruolo, anche se deve migliorare la parte difensiva. I mezzi fisici non gli mancano. Ma anche così, in uscita dalla panchina, i suoi 11.6 ppg (fresco di career-high da 35 punti contro i Rockets) rappresentano un segnale incoraggiante di crescita per un ragazzo il cui potenziale non si è ancora manifestato del tutto.

 

Torrey Craig, dopo un lungo peregrinare internazionale, sembra aver trovato in Colorado la sua dimensione ideale. Craig ha saputo sfruttare gli infortuni che hanno falcidiato i Nuggets per mettersi in mostra come un difensore solido e aggressivo in grado di coprire più ruoli, seppur con gravi lacune offensive. Proprio l’elemento che mancava al roster giallo-blu. Chissà se verrà confermato anche per il resto della stagione, essendo sotto un two-way contract.

Dr Jeykill e Mr.Hide: attacco spumeggiante e difesa rivedibile

Ma i Nuggets non sono arrivati così in alto solo grazie al talento in campo. Il grande merito di coach Malone è stato creare un gioco corale in cui ogni interprete sa perfettamente cosa fare, lasciando tuttavia spazio al talento personale. La palla non resta mai ferma e tutti gli effettivi in campo sono in costante movimento per creare situazioni vantaggiose per se o per gli altri. Non a caso la franchigia del Colorado è quarta per efficienza offensiva (113.6 punti).

La transizione offensiva inizia con uno tra Jokic, Murray o Morris a portar palla. Se è Jokic il primo portare di palla la situazione più comune è un suo consegnato per uno dei due compagni che permette al serbo di prendere posizione in post, permettendogli così di attaccare il difensore o sfruttare la sua visione di gioco. Se invece è Murray o Morris  a portar palla la soluzione più frequente è un pick&roll con Jokic, creando così un vantaggio. Non sono rare poi le situazioni di pick&pop in cui Jokic finge di tagliare a canestro per aprirsi sul perimetro per una tripla comoda o un extra-pass.

Se l’attacco è una nota positiva, i dolori arrivano in difesa. I Nuggets sono quattordicesimi per efficienza difensiva, tra le big solo i Rockets fanno peggio. La squadra di Mike Malone non ha ancora trovato la quadratura del cerchio in difesa e le recenti prestazioni lo stanno sottolineando. Oltre alle note (e un pò esagerate rispetto alla realtà dei fatti) difficoltà di Jokic, il punto debole dello schema difensivo sono le triple aperte che concede. Ci sono soluzioni per risolvere il problema, ma per un gruppo che non ha mai difeso nella media per un’intera stagione il risultato attuale è già un successo. La crescita su questo fronte arriverà ai playoff, nella migliore delle ipotesi, o con la prossima stagione.

Dove possono arrivare i Denver Nuggets?

Difficile capire quale sia il limite di questa squadra. Restano in corsa per il secondo posto, a dispetto delle recenti sconfitte, ma un risultato così superiore alle aspettative potrebbe trasformarsi in un’arma a doppio taglio in postseason. Denver potrebbe pagare l’inesperienza di un gruppo giovane (24 anni e mezzo l’età media, la più bassa della lega) e le carenze difensive strutturali, soprattutto in caso di un incontro al primo turno con LeBron James. Sottovalutate i giovani a vostro rischio e pericolo. I Boston Celtics senza Kyrie Irving e Gordon Hayward e guidati da tre ventenni si sono fermati a 5 minuti dalle Finals.

Ma non è ancora il momento di pensare ai playoff. Manca ancora troppo tempo. Possiamo però fermarci un momento e apprezzare un All Star Game che vedrà per la prima volta Jokic in campo e Malone al comando del Team LeBron. Due soddisfazioni che si vanno ad aggiungere a quelle finora raggiunte e che rendono i Denver Nuggets una delle squadre da tenere d’occhio nei prossimi anni.

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