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Jacob Gilyard, le dimensioni non contano

Jacob Gilyard Richmond
Autore: Giulio Scopacasa
Data: 17 Dic, 2020

Se a Roman viene chiesto cosa lo rende fiero del fratello Jacob Gilyard, magari risponderà con voce un po’ incerta, ma non avrà dubbi su cosa dire: “La disciplina, il rispetto e il coraggio. A volte poi mi insegna a vivere meglio. Ogni tanto mi aiuta a imparare qualcosa”.

Roman è autistico e, a causa della sua condizione neurologica, non è sempre concentrato sulle partite della guardia di Richmond. Per questo, quando tifa appassionatamente è un’occasione ancora più speciale. Per esempio, quando gli Spiders hanno completato l’upset contro Kentucky, a fine partita ha esultato mimando il gesto delle pistole sparando ai banner della Rupp Arena, il tutto dopo aver seguito attentamente ogni azione insieme a mamma Tanya, visibilmente emozionata.

Roman’s Army è ciò che recita il braccialetto che sia lei che Jacob portano sempre al polso, un po’ per sensibilizzare, un po’ per ricordarsi sempre quali sono le cose più importanti nella vita. “Mi ha insegnato a rallentare e ad apprezzare quello che ho. In campo dubitano di me perché sono basso, ma poi mi ricordo quanto io sia fortunato soltanto del poter giocare a basket. Devo dimostrargli che può fare tutto nella vita”, dice Jacob. Richmond l’ha sempre supportato nelle campagne di sensibilizzazione portate avanti con Autism Speaks, una delle maggiori organizzazioni che si occupano del tema negli Stati Uniti.

Jacob Gilyard Richmond Autism Speaks

Jacob Gilyard con una maglia di Autism Speaks

Richmond, una famiglia che sa giocare a basket

Arrivato agli Spiders come recruit #367 della sua classe per ESPN, Jacob Gilyard è oggi il catalizzatore del sistema di gioco di una squadra da Top 25. In uscita dalle scuole superiori, nessun programma di livello si era interessato a lui o aveva intravisto del potenziale. Dopo le prime buone performance, però, ecco che hanno iniziato a spuntare le offerte per trasferirsi: “Tutte le scuole ti dicono che sono una grande famiglia, Richmond me lo ha dimostrato con i fatti, non potrei mai andarmene”, ha detto il giocatore a The Athletic. “Non voglio fare nomi, ma tante squadre delle big conference mi hanno avvicinato in diversi modi, però lo fanno per vie traverse, ecco, un po’ segretamente”.

Oggi possiamo dire tranquillamente che abbia fatto proprio bene a ignorare certe sirene. Il gruppo di coach Chris Mooney sta infatti raccogliendo i frutti – generosi, per giunta – di un lavoro lunghissimo. Dopo dieci anni, sembra che gli Spiders avranno una reale chance non soltanto di giocare il Torneo, ma anche di sparigliare le carte nei turni successivi.

Richmond ha iniziato questa stagione vincendo cinque delle prime sei partite, compreso il già citato upset contro Kentucky. Come detto, Gilyard è un leader anche sul parquet, inserito alla perfezione in un sistema costruito intorno ai principi della cara vecchia Princeton Offense. Un sistema che, per questa squadra, è ormai oliatissimo e che le permette di giocarsela con chiunque (finora per fermarla è servita una prestazione difensiva d’élite di West Virginia).

Un gran ladro di palloni, ma non solo

Per chi non lo conosceva già, Jacob Gilyard quest’anno ha detto “salve, buongiorno” mettendo in piedi una prestazione super – con tanto di magata nata da una rubata – contro UK.

I recuperi sono appunto il sale del suo repertorio e, quest’anno, ha la possibilità di superare il record individuale di palle rubate nell’intera Ncaa, traguardo che avrebbe dell’assurdo se consideriamo l’inizio in sordina, a livello di reclutamento, del suo percorso collegiale. “I suoi istinti sono i migliori che io abbia mai visto. La sua capacità di rubare palloni è di un altro mondo, così come il feel per il gioco. Se fosse leggermente più alto, sarebbe già nella NBA. E se tutto ciò che vedete è la taglia, non capite il punto della questione”, dice Chris Mooney.

 

Attualmente viaggia a quota 4.2 rubate a partita, un dato che sembrerebbe insostenibile nel lungo periodo su un campione maggiore di gare. Se però ti chiami Jacob Gilyard, questo non lo sai. E dopo tre stagioni con 3.0 recuperi di media, vuoi e puoi anche spingerti oltre.

 

Gilyard è molto più della semplice difesa, dove tra l’altro sopperisce alle lacune fisiche con letture perfette e grande senso di anticipo. È anche uno scorer di tutto rispetto. Nonostante non abbia iniziato bene al tiro (soltanto il 26.5% da dietro l’arco, ma in carriera ha un buon 36.4%), mette a referto 10.7 punti ogni volta che scende in campo. Badate bene: potrebbero benissimo essere di più, ma questo è quello che serve alla sua squadra.

Ci sono pochi dubbi sul fatto che le percentuali tenderanno a salire (per ora si sta prendendo più tiri difficili del solito: solo il 57.1% delle sue triple sono assistite) e che, nei momenti importanti, tirerà fuori conigli dal cilindro. In realtà, lo ha già fatto in una gara tiratissima contro una Wofford come al solito fastidiosa.

 

Leader in campo e fuori, non si sente più grande del sistema in cui si trova, anzi, si inserisce alla perfezione come un ingranaggio ben oliato: distribuisce 6.5 assist di media (28.8 di ARate), dato che dimostra come capisca il gioco e non sia la classica SG piccola travestita da playmaker che mette a referto una valanga di punti. Si adatta sempre, è versatile e ha dimostrato di poter fare tutto e bene. Certo, l’atletismo non è il suo forte, ma non si può pretendere chissà che cosa da un giocatore di 175 cm d’altezza per 72 kg di peso.

In attesa di vederlo su un palcoscenico più importante contro le migliori squadre della nazione, non resta che godercelo in una Atlantic 10 strapiena d’insidie e di squadre ambiziose, ma in cui gli Spiders partono comunque favoriti.

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